Chi siamo
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Chi siamo e quali sono gli obiettivi che ci poniamo?
Siamo un Comitato costituito da persone ed associazioni di diverso colore politico, uniti dalla voglia di affrontare il problema delle esondazioni del Seveso partendo dalle sue reali cause.
Stiamo affrontando con riserve e critiche la complessa e delicata vicenda della costruzione di un sistema di vasche di laminazione, la cui realizzazione dovrebbe impedire che si perpetui la catena di disastrose esondazioni del torrente Seveso nel Nord della città di Milano.
Ciò non sminuisce la nostra assoluta convinzione che occorra intervenire oggi e finalmente, dopo decenni di incuria, per spezzare quella assurda e drammatica catena di eventi.
Quindi, e prima cosa, non c’è tra noi e l’Amministrazione comunale di Milano alcuna differenza rispetto alla necessità di intervenire immediatamente e radicalmente per chiudere una pagina ingloriosa di inefficienza e di colpevoli ritardi.
Nella nostra iniziativa, critica ma costruttiva, in quanto Comitato Acque Pulite, ci poniamo due distinti obiettivi: uno di carattere generale e culturale, e si riferisce al Piano complessivo presentato da AIPO; l’altro, più concreto e specifico, che punta ad evitare la realizzazione di una vasca di laminazione all’interno del Parco Nord.
Il Piano AIPO, chiamiamolo così, ha, secondo noi, un’impostazione vecchia e sbagliata. Esso prevede la costruzione di cinque vasche, quattro a Nord di Palazzolo, per il contenimento di circa quattro milioni e mezzo di acque miste, piovane e di fogna, e una più piccola nel Parco Nord.
La realizzazione di questi bacini solleva grandi resistenze nelle amministrazioni comunali e nei cittadini dei territori chiamati a farsene carico.
Il problema, il motivo della resistenza territoriale, è costituito dalla qualità delle acque, sporche e inquinanti, e dalla loro quantità.
Qualità. Nel piano in attuazione viene totalmente ignorata l’esigenza di tenere separate le acque pulite da quelle di fogna attraverso una doppia canalizzazione. Nei momenti critici, quelli di cui ci stiamo occupando, determinati da eventi meteorici sovrabbondanti, le acque pulite raccolte attraverso i tombini nei canali fognari sono mescolate a quelle sporche e, inevitabilmente, vengono direttamente gettate nel fiume senza subire alcun passaggio di depurazione. Queste acque inquinate sono destinate ad essere stivate nelle enormi vasche di contenimento!
Quantità. Secondo le normative vigenti anche di carattere comunitario, compreso il Contratto di Fiume vigente, le acque piovane in misura significativa dovrebbero essere trattenute sul territorio. Le acque dai tetti e dai cortili, attraverso canalette, grondaie, scolatoi, pluviali, ecc. dovrebbero essere accumulate in apposite cisterne, utilizzate per innaffiare o per altri usi civili, e successivamente, in un momento di calma metereologica, finalmente riportate nell’alveo del fiume. Questo purtroppo non è previsto.
Se queste due metodiche, separazione delle acque e invarianza idraulica, fossero applicate e rispettate con impegno e consapevole disciplina, non ci sarebbe bisogno delle vasche, sicuramente non di immani vasche di acque scure e puzzolenti. Si tratta allora di incominciare seriamente a far queste cose giuste, cioè programmare e regolamentare sulla base di questi principi, che devono essere contenuti nei piani urbanistici e territoriali. La Città Metropolitana, per altro, potrebbe esordire facendosene protagonista e garante.
Il problema delle esondazioni, secondo l’Agenzia AIPO, invece si risolve con la creazione di un certo numero di laghi di dubbia bellezza e trasparenza!
E’ compatibile, è sana, è moderna, è civile questa impostazione? No, che non lo è: basta enunciare la cosa e ciascuno capisce che si tratta di una concezione assurda e primitiva. Ma è dovuta, come dicono, alla impellente necessità di tamponare l’emergenza? Forse, chissà! E’ tutto da dimostrare. Comunque, ammesso e non concesso che si debbano, obtorto collo, fare opere degradanti, tutto ciò dovrebbe rappresentare una limitata e provvisoria eccezione e non la regola. Il Piano cioè dovrebbe essere costruito sulla base delle normative giuste e dei principi corretti, e semmai, se proprio se ne dimostra l’inevitabilità, contenere al suo interno, come variante contingente, una limitata presenza di opere difformi. Il Piano dovrebbe altresì stabilire entro quanto tempo e in che modo e facendo ricorso a quali risorse economiche certe, sia previsto il ritorno ad un giusto regime e ad un assetto stabile e definitivo di gestione delle acque. Tutto questo non c’è.
Nel Piano Aipo sono previsti solo i bacini di acque “miste”. Si parla, è vero ed è cosa buona, anche di risanamento e bonifica del fiume, ma questo è un altro discorso e non riguarda i momenti di piena, quando, ripeto, con l’attuale sistema che non discrimina le acque pulite da quelle sporche, tutto viene riversato nelle condotte fognarie e poi così com’è nel fiume.
Quindi, noi diciamo che l’impostazione del piano è culturalmente arretrata, e che le opere frutto di questo ritardo tecnico-culturale, seppure forse obbligate dall’emergenza (?), non sono concepite come limitate, provvisorie e contingenti, da superare e cancellare al più presto. Essendo per altro le uniche previste, non possono essere che definitive e permanenti.
Fin qui quindi la battaglia politico-culturale. Diverso è il nostro atteggiamento nei confronti della vasca nel Parco Nord. Questo è l’oggetto specifico del nostro interesse e se occorre anche della nostra lotta. Siamo risolutamente contro la realizzazione della vasca per diversi ordini di motivi:
Primo. Pensare di destinare una parte di parco ad altro impianto, al di là del merito di cui diremo, getta sul parco stesso un’alea di precarietà e provvisorietà: va bene il parco, ma se ci sono urgenze maggiori (oggi la vasca, domani chissà?), allora bisogna far posto ad esse. Sostanzialmente ubi major, minor cessat! Ovvero, il parco è un lusso che, almeno in parte, non possiamo più concederci; oppure, il parco è uno spazio vuoto che se serve si può sempre riempire; il parco, insomma, come i cinque personaggi è sempre in cerca di autore.
Noi pensavamo, e ci ostiniamo a pensare, che il parco, invece, sia una meravigliosa opera, in sé compiuta e perfetta, vissuta intensamente da milioni di persone; e pensavamo anche che la sua bellezza e il suo straordinario valore avrebbe perfino impedito all’origine, che si potesse addirittura pensare una cosa così tanto oscena e sacrilega, come la trasformazione di una parte di esso in un nero bacino di deiezioni. Pensavamo che il parco fosse diventato tabù, ci sbagliavamo. Dopo quasi cinquanta anni (quest’anno ricorre il quarantesimo dalla sua istituzione formale e legale, ma l’idea del parco è nata prima, nel 1967) di impegno e di lotte, di partecipazione vasta e corale dei cittadini, di generosi sforzi anche economici delle amministrazioni locali, in primis del Comune di Milano, è davvero sconsolante che ora si pensi di iniziare a progettare la dissoluzione e distruzione, seppure parziale, dell’opera pubblica che in questi anni ci è stata di maggior aiuto e conforto. Pensavamo al parco come alle nostre Piramidi, assolute, superbe ed eterne. Forse non è così.
Secondo. La vasca nel parco è inutile. Con i suoi 250.000 metri cubi stimati, essa non arreca alcun vero contributo allo stoccaggio delle acque di piena. Le quattro vasche a monte, come abbiamo ricordato, hanno una capacità complessiva di circa quattro milioni e mezzo di metri cubi. Si tratta di un diverso ordine di misura, di una diversa dimensione del problema. D’altra parte è lo stesso assessore Maran che dice e scrive che la ragione principale della vasca consiste nel fatto che il Comune di Milano vuol dare l’esempio e non può offrire alibi agli altri Comuni, quelli che devono sacrificare porzioni consistenti del proprio territorio per far spazio alle vasche milionarie. Come dire: mal comune mezzo gaudio! E’ accettabile questa motivazione per acconsentire alla distruzione di una parte del parco? E’ accettabile che si spendano quasi trenta milioni per realizzare un’opera inutile e dannosa, fortemente inquinante, posta per altro a ridosso di un popoloso quartiere di Bresso? Da questo punto di vista, lo possiamo affermare categoricamente, ci troviamo di fronte ad una totale carenza di motivazioni.
Terzo. La vasca è inutile anche in previsione di eventuali cosiddette “bombe d’acqua”. Il ragionamento fatto dal Piano è sostanzialmente questo: con le quattro vasche a monte, noi azzeriamo la portata del Seveso all'altezza di Palazzolo. Questo però non toglie che si possano verificare eventi straordinari di temporali concentrati in un’area limitata, per esempio da Palazzolo a Bresso. In questo caso la vasca nel parco dovrebbe stoccare l’eventuale onda di piena. Bene, però il territorio di cui stiamo parlando e che fa capo al Seveso, ha una superficie di circa trenta milioni di metri quadrati. Ammesso che su quest’area precipitino dieci centimetri di pioggia, fanno tre milioni di metri cubi. Poniamo che metà venga smaltita dal fiume stesso, finalmente ripulito e tenuto libero da corpi ingombranti, la parte restante è comunque eccedente la portata e il calibro della vasca progettata, si tratta di un altro ordine di problemi. Per i quali occorre pensare a soluzioni di natura diversa. Certo, se si tenessero separate le acque piovane da quelle di fogna, tutto sarebbe più facile, anche l’eventualità di realizzare un ulteriore laghetto nel Parco Nord rientrerebbe nella natura delle cose.
Per concludere. Costellare il territorio di grandi laghi di acqua sporca è un modo ambientalmente insostenibile e culturalmente incivile di affrontare il problema. Il passaggio da questo sistema arcaico delle vasche a uno più avanzato e più corrispondente alle normative già esistenti, non viene preso in considerazione e previsto dal Piano Aipo. Il sistema proposto deresponsabilizza le amministrazioni comunali, che non sono chiamate a farsi carico e a disciplinare con i loro strumenti urbanistici la gestione delle acque piovane; e non modifica i comportamenti dei cittadini, che non sono chiamati a cooperare, ciascuno a casa sua, raccogliendo le acque piovane e utilizzandole per vari usi civili.
La vasca nel Parco, oltre ad essere il risultato di una impostazione sbagliata e di una motivazione inaccettabile, aggiunge al danno al parco, la beffa di essere un’opera costosissima e inutile.
Noi, associazione, con realismo ci poniamo innanzitutto l’obiettivo di evitare che sia costruita la vasca nel Parco, e quantomeno chiediamo che essa non sia realizzata preventivamente, quasi come mezzo di scambio (dei sacrifici), e a prescindere che i fatti ne dimostrino l’assoluta necessità. Inoltre, da associazione ambientalistica, proponiamo che si incominci a praticare il nuovo, un sistema diverso, costruito attorno ai principi della separazione e valorizzazione delle acque pulite e che questo sistema si realizzi in modo diffuso e capillare , zona per zona, condominio per condominio. Pretendiamo troppo?
Ci auguriamo che condividiate quanto scritto ed attendiamo vostra adesione al “Comitato Acque Pulite – L’alternativa alle vasche”.
Articoli
- Zona9 novembre 2015
- Vita.it "Le vasche di laminazione sono una soluzione a metà"
- Gazzettino Metropolitano 2 aprile 2015
- NordMilano24 2 aprile 2015
- Articolo di Massimo De Rosa 27 febbraio 2015
- Il Giorno 27 febbraio 2015
- Giorno Grande Milano 26 febbraio 2015
- Articolo sui Sistemi recupero dell'acqua piovana (Rivista Case di Campagna)
- Zona 9 gennaio 2015 (pag.3) + Zona 9 Pag. 4